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POMODORO, A RISCHIO LA FILIERA DEL SUD ITALIA. I PRODUTTORI CHIEDONO UN RIALZO DEI PREZZI DEL 20-25% E MINACCIANO DI NON SEMINARE


Si rischia una fuga dal Sud per il pomodoro da industria. I prezzi sono crollati e, in vista della prossima campagna, i produttori minacciano di non seminare, mettendo a rischio l’intera filiera che nel Sud Italia coinvolge decine di migliaia di agricoltori e quasi un centinaio di stabilimenti di trasformazione, per un giro d’affari annuo compreso tra 1,5 e 2 miliardi di euro.La siccità dell’estate scorsa aveva fatto crollare la produzione del 20%, con punte che in provincia di Foggia hanno toccato il 35%. Ma, nonostante questo calo produttivo, i prezzi dei pomodori consegnati alle industrie di trasformazione restano al di sotto dei costi di produzione. “Quest’anno - spiega al Sole 24 Ore il presidente dell’Unione Agricoltori di Foggia, Onofrio Giuliano, tra i maggiori produttori della zona - è stato davvero un disastro. I prezzi, in media, sono stati pari a 8 euro al quintale per la varietà tonda e a 9 euro per quella lunga, che per le condizioni del Sud restano molto al di sotto dei costi di produzione. Per la prossima campagna - prosegue Giuliano - chiediamo che i prezzi salgano almeno di un 20-25%: a 10-11 euro per il pomodoro tondo e a 12-13 per il lungo. Diversamente si rischierebbe un bagno di sangue. Alle attuali condizioni noi non possiamo firmare alcun accordo, chi vuole seminare in perdita faccia pure”.L´Anicav convocherà nei prossimi giorni le associazioni per trovare un accordo ed evitare l’abbondono produttivo. “Speriamo sia solo una provocazione, commenta il presidente dell’Anicav, Annibale Pancrazio. Da parte nostra abbiamo già messo in cantiere alcuni incontri finalizzati a costituire e rendere operativo quanto prima il Distretto Meridionale del Pomodoro, un organismo interprofessionale con il quale vogliamo seguire l’esempio del Distretto del Nord. Entro Novembre - conclude Pancrazio - incontreremo nuovamente la parte agricola per aprire una trattativa e avviare, a Dicembre, o al massimo entro i primi 10 giorni di Gennaio, un accordo d’area, o meglio ancora nazionale. L’obbiettivo è programmare la produzione in funzione delle reali esigenze del mercato”.

Fonte: Il Sole 24 Ore




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