Pomodoro cinese spacciato per made in Italy, arriva la prima condanna
Arriva la prima condanna per il pomodoro cinese spacciato come made in Italy. Il Tribunale di Nocera Inferiore ha inflitto 4 mesi di reclusione e 6mila euro al titolare di una importante industria conserviera accusato del reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci (articolo 517 del Codice penale). L’imprenditore pugliese commercializzava come italiano del concentrato di pomodoro importato dalla Cina. Una sentenza storica, come sottolinea la Coldiretti. I giudici hanno, infatti, sconfessato la tesi difensiva secondo cui il processo di lavorazione al quale il prodotto era stato sottoposto in Italia (pastorizzazione e aggiunta di acqua e sale) era da considerarsi “lavorazione sostanziale”, tanto da consentire di commercializzarlo come doppio concentrato di pomodoro “prodotto in Italia”. I barattoli (ne sono state sequestrate 500 tonnellate) erano destinati al mercato Ue ed extra Ue e l´ingannevole indicazione del Made in Italy avrebbe reso più accattivante la loro vendita all´estero. “Ci auguriamo che la pronuncia della Magistratura possa fermare l’inganno del pomodoro cinese spacciato per italiano – commenta la Coldiretti - che ha consentito nel 2011 l’aumento del 17 per cento delle importazioni di concentrato per un totale di 113 milioni di chili, pari a l 15 per cento della produzione di pomodoro fresco italiana destinato alla trasformazione”. Secondo l’ultimo rapporto sulle Agromafie Coldiretti/Eurispes il 52,9 per cento del concentrato di pomodoro importato proviene dalla Cina ed è destinato per il 98,6 per cento del totale alla sola provincia di Salerno, patria del mitico San Marzano. Gli arrivi di prodotto sono praticamente quadruplicati (+272 %) in Italia negli ultimi dieci anni e rappresentano oggi la prima voce delle importazioni agroalimentari dal gigante asiatico. Dalle navi sbarcano fusti di oltre 200 chili di peso con concentrato da rilavorare e confezionare come italiano poiché nei contenitori al dettaglio è obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento, ma non quello di coltivazione del pomodoro. “Un inganno che deve essere fermato, con l’applicazione della legge che obbliga ad indicare in etichetta al’origine degli alimenti – continua la Coldiretti -, perché danneggia i consumatori e i produttori agricoli che rischiano quest’anno di vedere sottopagato il proprio prodotto in Italia”. La Cina anche nel 2011 ha conquistato il primato nel numero di notifiche per prodotti alimentari irregolari perché contaminati dalla presenza di micotossine, additivi e coloranti al di fuori dalle norme di legge, da parte dell’Unione Europea, secondo una elaborazione della Coldiretti sulla base della Relazione sul sistema di allerta per gli alimenti. Su un totale di 3.721 allarmi per irregolarità segnalate in Europa ben 569 (15 per cento) hanno riguardato la Cina.fonte:coldiretti news
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